venerdì 3 marzo 2017

archetipo epistolare


"...non si spediscono le lettere vere, perché sono di oggi e perché non arrivano più in nessun oggi." Il tempo stesso è lo stesso tempo? Oppure né continuumné flusso, né mescolanza, temperie, epoca o clima (o addirittura "storia") come si voglia traducibile in qualche sistema figura - sfondo; ma piuttosto interruzione, ritmo, pura differenza inestesa ancorché localizzata, liberazione delle facoltà decronologizzanti dell'aion, intabulandosi tutto questo come "qui" (la scrittura, forse) e "là" (l'opera), nell'insolubile incertezza e nell'indeterminazione di quel che è detto "ora" , "adesso" ?
"La morte del passato, l'inesistenza del futuro, le infinite possibilità del presente, l'attendibilità: ontologica dei prossimi cinque minuti...": il segno, suprema finzione, quella di un assoluto, irrecuperabile al gestaltico.. Analogamente la fotografia, immagine e non raffigurazione, occupa uno dei culmini d'una memorialità e d'un fingersi quasi leopardiani. Se a guardare (e a vedersi vedere) l'opera è una maschera funebre dagli occhi chiusi, non si tratterà allora di autocontemplazione di un interno inaccessibile? Eppure sul logico espositivo, che garantirebbe una cornice ed una chiusura nonché un regime concettuale, prevale l'estetico, l'indeterminato (o indeterminante) aprirsi del e al senso: un'estetica di quell'istante che va alla deriva e si ferma fuori dall'entropia in cui sorge ("...vanno abbandonati i concetti di realtà e di località..."). Di questa fuga, atonalmente la pittura (che è cosa mentale) modula le mutazioni spettrali. 


sett-nov 94 




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