il
linguaggio: sempre più ambiente e meno dimora, supreme fiction o ens
realissimum, labirinto più che sentiero - Heidegger perdutosi talora
in vaghezze dopo il brief) - l’ascoltatissimo Severino (nel quale
poco si trova che già non fosse nell’inascoltato Giorgio Colli)
come sfondi presenti ed insieme remoti, materiali da costruzione;
però: orizzonti varcati, forse in direzione Borges-Derrida;
ambiente, non rappresentazione di. Repertori labirintici. Ipergrafie.
metagrafie: meta testuali? Cosa non lo è?
Qui
si fa questione di un conio lacaniano, non l’essere parlante, che è
fantasma aristotelico, ma il parlessere (parlare-essere), nel suo
misterioso coincidere con i parametri stessi del vivente, anche se
più che conio di lacaniana memoria potrebbe dirsi di italiano oblio,
che qui si esigono referenzialità ed articoli consimili contro
scritture e pensieri.
Scrittura
del segno stesso, detronizzazione dei paradigmi, prima che parole
sono segni, semiosi illimitata (Peirce). Senza più darsi arie
d’opere ed autori: ergàne, l’operatrice (ted. Bewirkerin, forse)
è la scrittura, non l’autore o l’opera, ed è nella lettura che
acquista interi cicli di vite successive e precedenti, un infinito
numero di volte.
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