lunedì 30 ottobre 2017

carmina vel coelo possunt deducere lunam


Quali ombre, che fantasmi, quali carni e che pelli si trasfigurassero nel controluce azzurrato ed in cilestrine trasparenze, un succedersi di domande l'amore è felicità di parlare, nel dileguarsi di una scrittura nella quale si distendessero e rotolassero troie nella più irraggiungibile delle zone poi ancora più in là e più in dentro dove è la luce a reiterare le figure fosse quasi il fiammeggiare di una pelle la corona delle montagne remota per vetrate e inferriate lo sguardo solo puro niente,  è tempo che tu sia inculata.
né su di me né su altra dormendo l’inventai
ad abbracciarla anch'essa la voce là dentro di te e anche dentro quale amore nel mutarsi di sestina in palinsesto in quel che ne siano il sogno la morte una mappa solum nella sua mente, di un mondo dove avrebbe potuto fuggire una terra per le immagini - poiché la poesia è volersi liberare dai vincoli del concetto e dei fantasmi, ella si scrive da sé, si tuit lo plor, se tace il pianto e cessano pavide trepidazioni allor s'odono i sonagli della fatina, gatti che sono miracoli e telefoni, exlibris zhuangzi, il secondo di numerosi. tornare subito, infinitamente le dico vieni ed infinitamente ella viene, fra il nero ed il verde ne schizza fuori luce del tamilnadu un biancore indefinibile null'altro che il favore delle tenebre alla frontiera di nulla la dedicatoria è: carmina vel coelo possunt deducere lunam










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